Vi è mai capitato di essere così delusi da un voto da avere voglia di fare causa? Sebbene sembri assurdo, questo scenario si è verificato in una scuola di specializzazione della Pennsylvania. Conosciamo tutti le suppliche disperate per ottenere crediti extra o aumenti di voto, ma una causa per un voto porta le lamentele accademiche a un nuovo livello.
La studentessa in questione, Megan Thode, sogna di diventare una terapeuta abilitata. Ha lavorato sodo e si sta avvicinando alla fine del suo percorso. Poi, viene colpita da un voto C+. È un duro colpo, una battuta d’arresto che le sbarra la strada verso la laurea a cui aspira. Quel che è peggio, Thode calcola che questo singolo voto potrebbe potenzialmente costarle l’incredibile cifra di 1,3 milioni di dollari di mancati guadagni nel corso della sua carriera. È una pillola dura da ingoiare.
Cosa fa Thode? Decide di lottare. Invece di accettare il voto e andare avanti, prende una strada non convenzionale. Fa causa per la C+. Questo non è un evento comune e suscita molta attenzione. Il caso viene discusso presso il tribunale della contea di Northampton e viene seguito con attenzione sia dalla comunità accademica che dal pubblico.
Tuttavia, il giudice non vede la situazione dal punto di vista di Thode. Come riportato dal Morning Call, il giudice ha stabilito che Thode non ha dimostrato che il suo voto fosse qualcosa di diverso da una “valutazione puramente accademica”. In altre parole, il professore di Thode ha ritenuto che la ragazza non fosse pronta per passare al livello successivo del corso. Nonostante l’acceso dibattito in aula, il giudice ha sostenuto l’antico principio accademico secondo cui gli insegnanti hanno l’ultima parola sul voto di uno studente.
La decisione ha messo la parola fine al caso, ma non ha cancellato l’evidente imbarazzo. Si può solo immaginare il silenzio gelido che potrebbe aver riempito l’aula la volta successiva in cui Thode si è trovata seduta in classe, sotto lo sguardo attento del professore che aveva portato in tribunale.